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Rubriche – Ciociari nel mondo: La storia di Simone Fanella, chef alatrese a Barcellona

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A cura di Stefania Del Monte

La terra di Ciociaria, compresa tra la Roma papalina e la Napoli borbonica, non poteva non essere influenzata dalle dominazioni che, nei secoli, si sono susseguite in quest’area: prima, fra tutte, quella spagnola. A Roma l’amore per il paese iberico esplose nel 15° secolo, all’epoca dei due papi Borgia, quando furono nominati ben diciannove cardinali spagnoli. A Napoli, invece, il dominio spagnolo durò per ben quattrocento anni, in due diverse fasi, nel periodo compreso tra il 1442 ed il 1859. Da qui l’inevitabile retaggio della cultura spagnola negli usi e costumi dell’odierna Ciociaria: a partire dal linguaggio (es. cu mmico, dallo spagnolo conmigo, cu ttigo, da contigo, oppure l’uso comune del verbo tenere, tengo, al posto del verbo avere), fino alla cucina (basti pensare agli struffoli, o cicerchiata, una ricetta oggi ampiamente diffusa in Ciociaria ma di derivazione spagnola).

È forse per questo che un numero sempre più elevato di giovani, ai giorni nostri, sceglie di trasferirsi dalla Ciociaria in Spagna, preferendola ad altre destinazioni, sicuramente più dissimili in termini di usanze. È il caso di Simone Fanella, 22 anni, originario di Alatri e cuoco presso il ristorante italiano Mamarosa Beach di Barcellona. Questa è la sua storia:

“Ad Alatri ho vissuto per quasi vent’anni. Nel 2015 mi sono trasferito fuori dall’Italia per la prima volta ed ho vissuto per nove mesi a Dublino, dopodiché sono partito alla volta di Barcellona. La scelta di trasferirmi è dovuta principalmente al mio lavoro. In Italia, le offerte lavorative, non erano affatto favorevoli. Sia in Irlanda che in Spagna, la difficoltà maggiore, all’inizio, è stata quella di imparare la lingua: prima l’inglese e poi lo spagnolo. Inoltre, nel caso dell’Irlanda, il doversi adeguarsi alle abitudini di un Paese completamente diverso dal nostro. Per la Spagna, invece, è stato tutto più semplice, essendo un Paese molto simile all’Italia. Partendo all’età di 19 anni,  affrontare esperienze del genere mi ha aiutato a crescere: la soddisfazione più grande è stata quella di riuscire a fare il lavoro che ho sempre desiderato nella vita e a potermela cavare con le mie forze. La Spagna, come ben sappiamo, è molto simile all’Italia, ed in particolar modo Barcellona. Vivo in una città turistica, caotica, e forse questa è l’unica differenza sostanziale che sento con il piccolo paese di provincia. Per il resto, c’è davvero ben poco di diverso, se non per il clima. Il caldo e il mare, sicuramente, aiutano a vivere meglio! Le mie giornate sono piene: mi sveglio al mattino e vado a lavoro; a seconda dei turni, riesco a trovare anche qualche ora da dedicare a me. In Italia, invece, avevo molto tempo per pensare a me e poco lavoro. Questa è l’unica, sostanziale, differenza. A Barcellona si vive bene: il mare, il clima favorevole, la grande affluenza di gente, la stagione che inizia a marzo e finisce ad ottobre, non mi fanno pesare la lontananza dal mio Paese nativo. A causa del lavoro, purtroppo, riesco a tornare a casa al massimo un paio di volte all’anno; ma, appena ho la possibilità, cerco di trascorrere un po’ di tempo con la mia famiglia e i miei amici. Nonostante gli affetti di sempre mi manchino molto, per il momento non ho intenzione di tornare a vivere in Italia. Spero, comunque, un giorno di potervi tornare, ma con la speranza di poter continuare a realizzarmi a livello professionale”.

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