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Rubriche- I luoghi del cuore : Speciale Abbazie

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A cura di Gerardo Forti

 

Abbazia di Trisulti – Collepardo (FR)

 

Una prima abbazia benedettina fu fondata nel 996 da san Domenico di Sora: di essa restano alcuni ruderi a poca distanza dall’odierno complesso. L’abbazia attuale fu costruita nel 1204 nei pressi della precedente, ma in un sito più accessibile, per volere di papa Innocenzo III dei conti di Segni e fu assegnata ai Certosini. Ordine religioso le cui origini risalgono a s. Bruno di Colonia, che, nel 1084, costituì nelle Alpi del Delfinato, in un luogo deserto chiamato Cartusia, poi Chartreuse, una comunità religiosa composta in quel momento da quattro chierici e due laici.

È monumento nazionale dal 1873. Dal dicembre 2014 la sua gestione è curata dal Polo Museale del Lazio.

Al suo interno anche l’antica farmacia del monastero, del XVIII secolo, costituita da vari ambienti su due livelli; è decorata con realistici trompe-l’œil di ispirazione pompeiana e presenta arredi settecenteschi. Il salotto d’attesa è detto salottino del Balbi: anch’esso è stato decorato — in maniera molto originale — dal pittore napoletano; il dipinto che ritrae frate Benedetto Ricciardi, all’epoca direttore della farmacia, si distingue per l’elevato realismo e la complessa costruzione prospettica. Nella farmacia si possono vedere i vasi in cui erano conservate le erbe medicamentose e i veleni estratti dai serpenti. Interessante il giardino antistante la farmacia in cui le siepi di bosso ripropongono forme animali: un tempo era l’orto botanico.

È collocata tra boschi di querce, nella cosiddetta Selva d’Ecio, alle falde del monte Rotonaria (Monti Ernici), a 825 m di altitudine e a 6 km a nord-est del centro abitato Collepardo.

Grazie all’intensa azione di associazioni e volontari, il sito ora è tutelato dal FAI, Fondo Ambiente Italiano e la Regione Lazio ha annunciato che contribuirà a salvare la Certosa partecipando al progetto di recupero insieme al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, a Unindustria e al FAI.

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Abbazia Cistercense di Casamari – Veroli (FR)

 

Sulla strada provinciale Sora-Frosinone, nel comune di Veroli, là dove fu l’antica Cereatae Marianae, patria di Caio Mario, si eleva la monumentale abbazia di Casamari. La sua origine risale agli albori del sec. XI, quando quattro o cinque sacerdoti veronesi ivi ritiratisi e postisi (1095) sotto la regola benedettina, cominciarono a costruire la basilica e gli edifici che la circondano. Attraverso i secoli essa attrasse le cure dei Pontefici romani e di principi, e, ascesa al livello delle grandi abbazie italiane, ebbe un ricco patrimonio, con dipendenze in Calabria, in Sicilia e altrove. L’abbazia passò ai cisterciensi (1151), poi ai trappisti (1717); dal 1864 è a capo di una congregazione cisterciense. In ogni tempo i monaci si resero benemeriti per la carità spiegata a vantaggio delle popolazioni circostanti e dei pellegrini, con l’ingrandimento degli edifici, con la fondazione d’un ospedale, d’una farmacia e, per ultimo, d’un osservatorio meteorologico e sismico e d’un piccolo museo di antichità.

La chiesa di Casamari, consacrata da Onorio III  , mantiene la forma tipica col suo pronao e l’aula divisa in tre navate che s’incrociano con un vasto transetto diviso in due navate trasversali. In corrispondenza della navata centrale è il coro rettangolare e ai lati le quattro cappelle per i monaci.  La pianta dell’abbazia è simile a quella dei monasteri francesi, l’entrata passa attraverso una porta a doppio arco. All’interno si trova un giardino la cui parte centrale è occupata dal chiostro, di forma quadrangolare, con quattro gallerie a copertura semicilindrica.

 

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Badia di San Sebastiano – Alatri (FR)

 

La Badia di San Sebastiano è un monastero che si trova nel territorio di Alatri, ad est del centro cittadino alle pendici del monte Pizzuto.

Le origini della badia risalgono tra la fine del V e l’inizio del VI secolo; fu voluta dal Prefetto delle Gallie, già Prefetto del pretorio d’Italia, Liberio, patrizio romano e diacono sotto Teodorico, che la fece edificare sulle rovine di una sua villa rustica, non molto lontano dalla sorgente di Silvidè (da Silva Dea, cioè Diana, alla quale il bosco circostante era consacrato), e la affidò all’abate Servando. Nel 528 circa ospitò Benedetto da Norcia, in viaggio verso Montecassino con i discepoli Placido e Mauro.

Attualmente la badia, la cui proprietà è suddivisa in tre porzioni, appare come una suggestiva opera architettonica dalle linee medievali. Nella chiesa del monastero si sono preservati pregevoli affreschi del XII e XIII secolo, di scuola umbro-laziale (attribuiti alla scuola del Cavallini), raffiguranti la vita di Cristo e della Madonna.

 

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Abbazia di Montecassino – Cassino (FR)

 

Abbazia benedettina del Lazio meridionale ubicata sulla sommità dell’omonimo monte. La località di Montecassino fu raggiunta verso il 529 da s. Benedetto, proveniente da Subiaco. Qui egli trascorse gli ultimi anni della sua vita, scrivendo la regola e organizzando il luogo in modo da accogliere i monaci che vi affluivano; ivi poi fu seppellito con la sorella Scolastica. Distrutta dai longobardi nel 577, e rifugiatisi i monaci in Roma, M., rovinata e deserta, fu solo sede di poveri eremiti. Tornati i monaci con Petronace, nel 717, M. fu ricostruita e conobbe un periodo di benessere economico e di progresso culturale che si prolungò fino alla seconda metà del sec. 9°, quando, pur essendo stata cinta di mura, M. sotto l’abate Bertario fu di nuovo distrutta dai saraceni di Agropoli (22 ott. 883). I monaci, fuggiti con il loro archivio e il prezioso codice della regola, trovarono rifugio a Teano, ma vi patirono vessazioni e spoliazioni da parte dei principi longobardi della zona; inoltre un terribile incendio (896) distrusse il monastero di Teano. Papa Agapito II, seguendo il consiglio di Oddone di Cluny, dispose il ripristino dell’abbazia a M., che fu realizzato dall’abate Aligerno (950). Iniziò così per M. un periodo di grande prosperità, a cui si accompagnarono rilievo politico e splendore artistico e che raggiunse il culmine con l’abate Desiderio (1058-85), poi papa Vittore III. Nel sec. 12° M., pur coinvolta nelle lotte tra papi, antipapi e normanni, riuscì a mantenere la sua prosperità e la sua altezza culturale. Fidato appoggio di papi nell’Italia meridionale, si attirò, tra l’altro, le ire di Federico II che, scacciati i monaci, la trasformò in fortezza (1230). Il monastero risorse con l’abate Bernardo Aiglerio che poté ripopolarlo di monaci e dare un assetto al patrimonio; ma una nuova crisi si aprì nel sec. 14°, dopo che nel 1321 Giovanni XXII ordinò che l’abbazia divenisse cattedrale, l’abate vescovo e i monaci canonici. Per oltre quarant’anni M. (distrutta da un terremoto nel 1349) e i suoi beni rimasero abbandonati a sé stessi fino al 1367, quando M. fu restituita ai suoi antichi ordinamenti: continuò tuttavia una grave situazione di disordine anche per la difficile e caotica vita politica di quegli anni a causa delle lotte tra angioini e durazzeschi. La situazione peggiorò ancora alla metà del secolo 15°, con gli abati commendatari, che considerarono M. solo una fonte di copiose rendite. Federatasi nel 1504 con la Congregazione di s. Giustina di Padova (che prese allora il nome di Congregazione cassinese), M., sotto il governo di abati triennali, conobbe una vivace attività artistica ed edilizia, specialmente al tempo degli abati Ignazio Squarcialupi di Firenze (tra il 1510 e il 1526), Girolamo Sclocchetto da Piacenza (1541-45) e Angelo da Faggis (tra il 1559 e il 1575). Assicurato l’ordine nell’Italia meridionale dal governo vicereale spagnolo, furono iniziati a M. grandi lavori edilizi, che durarono con molte interruzioni fino al 1727, quando fu consacrata da Benedetto XIII la nuova grande basilica. Danneggiata dai soldati francesi nel 1799, riordinata da Giuseppe Bonaparte, allora re di Napoli (1806), M. tornò dopo il 1815 alla sua tranquillità. Ridotto a essere soltanto un grande complesso di edifici, M. fu dal 1866 dichiarato monumento nazionale e affidato alla custodia degli stessi monaci. In seguito, nel corso della Seconda guerra mondiale, gli Alleati, dopo aver tentato invano di sfondare la linea Gustav, nei giorni 15, 17, 18 febbr. 1944 bombardarono M. con massicce incursioni aeree e ridussero a un ammasso di rovine il secolare complesso di edifici, dal quale però erano stati posti in salvo in precedenza i più importanti cimeli bibliografici e l’archivio al completo. Quest’opera di distruzione non giovò affatto agli Alleati, e anzi quelle macerie furono immediatamente sfruttate dai tedeschi come validissimi punti d’appoggio per la loro difesa, che fu piegata solo nel maggio 1944. Cospicuo il sacrificio dei polacchi del corpo d’armata Anders (oltre 3000 morti, sepolti in un cimitero militare sul M.). La ricostruzione, iniziata subito dopo la fine della guerra, ha potuto essere effettuata grazie all’aiuto del governo italiano e di privati americani, ed è stata eseguita con l’intento di dare una riproduzione esatta delle architetture distrutte.

 

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