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Rubriche- Pillole di sarcasmo contro il reflusso…esistenziale

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di Paola Manchi

 

Striscia la furbizia

 

Premesso il conflitto di interessi personale, la crociata contro il pubblico impiego impone qualche precisazione. Intanto, se per Bagnasco le unioni civili sono “una grande distrazione del Parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia”, mi sento di dire che, forse, il tema alternativo su cui tenersi occupati più proficuamente non è il licenziamento dei dipendenti pubblici… se non altro perché Bagnasco parla di creare posti di lavoro. Partiamo dalla parola fannullone, che indica chi non fa e non vuole fare nulla, pure con l’accrescitivo che fa rima con “ciaone”, appunto. Ora, come mai nonostante i troppi politici pizzicati a commettere reati di varia gravità, gli onorevoli, i sindaci, le alte cariche restano tali quando ci si riferisce alla categoria in generale e i dipendenti pubblici diventano, in blocco, fannulloni? Perché tutto il “personale ecclesiastico” non viene in blocco definito “i pedofili”, gli sportivi “i dopati”, gli immigrati… no, anche per gli immigrati vale l’attribuzione a prescindere dell’aggettivo dequalificativo! Comunque, mai fare di tutta l’erba un fascio, se non altro per evitare apologie fastidiose. Parlare dei dipendenti pubblici come fannulloni, a prescindere, non è corretto, come non sono mai corrette le generalizzazioni tout court. Per il lavoro pubblico, come per il privato, esistono regole, sanzioni e doveri e questi ultimi, spesso, vengono prima dei diritti. Il licenziamento, ad esempio, è ovviamente un istituto che esiste già e da tempo il diritto del lavoro pubblico è stato “privatizzato”. Con il licenziamento fast, in 48 ore, di chi timbra ed esce non resteranno vuoti gli uffici pubblici, intanto perché chi timbra ed esce, per definizione, fuori già ci sta e poi perché a svuotare gli uffici ci stanno già pensando i blocchi delle assunzioni, il mancato rinnovo del contratto, i tagli alla spesa. Come in ogni categoria, ci sono persone che svicolano, persone che lavorano e persone che si impegnano ben oltre il dovuto. Forse, quando si paragona il pubblico al privato, bisognerebbe anche parlare di aspetti come la differenza di retribuzione a parità di responsabilità e carico di lavoro, i benefit accessori, le opportunità di formazione e progressione, la disponibilità di strutture, mezzi e strumenti adeguati. Se un pilota viene mandato a correre un Gran Premio in bici, facile che faccia tempi da fannullone e non per le soste ai box a  prendere un caffè. A volte, peraltro, la produttività del settore privato è ottenuta con qualche “forzatura” su diritti e tutele del lavoratore, soprattutto se donne con tendenza alla maternità. Anche le grandi multinazionali ottengono ottimi risultati sfruttando la manodopera a basso costo e bassa sicurezza di certi Paesi, ma non credo nessuno lo ritenga giusto “perché così si risparmia”. Nessun dorma in orario di ufficio o vada nel parco a piedi nudi e senza badge, ma non è tutto lavoro privato quello che luccica.

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