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MAURIZIO MASTRACCI da Ceprano al Madagascar

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A cura di Stefania Del Monte

Il Madagascar si trova nell’Oceano Indiano, al largo della costa orientale dell’Africa, proprio di fronte al Mozambico. L’isola maggiore, dal nome omonimo, è la quarta al mondo per grandezza. Il Paese gode di una eccezionale biodiversità; infatti, nonostante le dimensioni limitate, ospita ben il 5% delle specie animali e vegetali del mondo. La prima lingua è il malgascio, tuttavia la popolazione parla correntemente francese a seguito del passato coloniale dell’isola. Anche in questo luogo un po’ inusuale rispetto ai circuiti turistici più battuti, abbiamo incontrato un conterraneo. Si tratta di Maurizio Mastracci, 72 anni, di Ceprano. Questa è la sua storia:

Sono nato ed ho vissuto a Ceprano fino all’età 46 anni. Ho sempre lavorato come agente di commercio. Avevo un ingrosso di oreficeria, fino a quando sono rimasto vittima di una rapina a mano armata, a Bari. L’ assicurazione mi pagò una parte del premio ma poi mi tolse la copertura. Durante lo stesso periodo l’Italia iniziò ad avvertire la crisi economica ed il settore dell’oreficeria fu uno dei primi a risentirne. A 46 anni non avevo molte prospettive: anche il settore degli agenti di commercio era in difficoltà.

Mi misi alla ricerca di altre possibilità di lavoro: avevo una moglie ed una figlia di 14 anni. Una mattina, all’incrocio di S. Antonio, a Frosinone alto, incontrai un amico di Pofi e ci fermammo a prendere un caffè. Anche lui, come me, stava attraversando un momento difficile. In passato aveva già vissuto in Canada e stava valutando l’idea di tornarci. Aveva con sé un giornale, che parlava del Madagascar e delle possibilità offerte da questo paese. D’accordo con mia moglie, decisi quindi di partire e vedere con i miei occhi se vi fossero delle opportunità di lavoro o di investimento.

Per me fu una sfida con me stesso: volevo vedere cosa ero capace di fare in un paese povero, ricominciando da zero. Dopo qualche tempo che mi trovavo qui, un conoscente decise di rientrare in Francia, lasciandomi in affitto l’appartamento dove viveva, nel pieno centro di Antananarivo. Nel quartiere si trovavano molte ambasciate e le sedi centrali di tutte le banche. La casa in cui vivevo era proprio a fianco dell’ambasciata americana. Nelle vicinanze non c’erano pizzerie né ristoranti italiani e, sebbene non fosse il mio mestiere, decisi di aprire un ristorante-pizzeria. La terrazza dell’edificio è decorata con delle roselline selvatiche, mentre la costruzione in pietra è ricoperta da un tetto scosceso: da qui il nome di Chalet des Roses(www.chaletdesroses.com).

Rientrai a Ceprano, riempii un container di attrezzature già usate per la ristorazione e mi imbarcai in quest’avventura.  Andò bene da subito: tra i miei clienti c’erano funzionari di organizzazioni internazionali, banche, ambasciate e ministeri.  L’edificio si trova nel quartiere del  palazzo presidenziale. Il ristorante divenne, quindi, il luogo d’incontro di uomini d’affari e politici. Ma non solo: anche gli italiani che vivevano nel nord o nel sud del Madagascar cominciarono a considerarmi un importante punto di riferimento, utilizzandomi anche come tramite in un’epoca in cui non vi erano né cellulari né computer.

Dopo qualche anno il proprietario delle casa costruì un palazzo nel giardino accanto al ristorante: voleva farne dei mini appartamenti. Ebbi l’idea di farne un hotel, gliela proposi ed accettò. Nacque così l’Hotel Chalet des Roses, che oggi conta 44 camere su 7 piani e gode di un’ottima reputazione: è infatti considerato uno dei migliori alberghi di Antananarivo.

Traendo le conclusioni, oggi, posso dire di aver vinto la scommessa con me stesso, ma a costo di enormi sacrifici. Il mio matrimonio è stato il primo a pagarne le conseguenze: dopo qualche anno, infatti, si è sciolto e non ho potuto seguire da vicino la crescita di mia figlia Stefania. Oggi sto rinunciando anche all’affetto della mia nipotina, Elena, così come nel tempo ho privato mia madre, mia figlia, le mie sorelle ed i miei amici di anni di affetto. Dal punto di vista degli affari, ho continuato a fare investimenti: un villaggio turistico, un motel con piscina, una taglieria di pietre preziose (www.emmegemsetmineraux.com), ma non mi sono mai rifatto una famiglia.

Ad essere onesto, devo ammettere che in 25 anni non mi sono mai veramente adattato a questo paese: è troppo diverso dall’Italia per abitudini, educazione e tradizioni. Ogni giorno continuo a scoprire credenze, tabù e mentalità a me nuove, che non sempre riesco a comprendere. Ogni tanto mi chiedo se ho veramente capito l’entità delle mie decisioni o se ho fatto solo una gran confusione. In fondo qui sono uno straniero e lo resterò per sempre, senza una vera possibilità d’integrazione. Basti pensare, ad esempio, che non è possibile ottenere un passaporto o la cittadinanza malgascia, né essere proprietario di beni. A volte sono soggetto a discriminazione, atti di razzismo e intolleranza. Ma poi mi dico che se davvero ci fossero state tutte queste differenze non avrei avuto la possibilità di arrivare al punto in cui sono oggi.

La Ciociaria è, e rimarrà, sempre casa mia. Grazie al mio vecchio lavoro di agente di commercio conosco molto bene la provincia ed ho amici e conoscenti un po’ in tutti i comuni. Rientro a Ceprano un paio di volte all’anno: non potrei privarmi completamente dei meravigliosi sapori di casa. Ogni volta che torno, con i miei amici di sempre faccio il giro delle trattorie e dei ristoranti della provincia e, quando arriva il momento di andarmene, riparto sempre con qualche chilo in più, ma ne vale davvero la pena!

Non penso di tornare a vivere a Ceprano. Quando sono in Madagascar mi manca la Ciociaria mentre quando sono a Ceprano mi manca il Madagascar. Credo sia una conseguenza inevitabile per chi vive all’estero da tanti anni, quella di avere un cuore diviso a metà“.

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