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Rubriche – Ciociaria terra inesistente…siamo sicuri?

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Parola all’esperto. Dopo l’appello che abbiamo lanciato sui social per cercare uno studioso che replicasse alle teorie un po’ “drastiche” per essere buoni, del Presidente dell’Associazione Alta Terra di Lavoro, Santarelli, che aveva accusato il Gazzettino, nell’editoriale sulla Ciociara del Grande Fratello Vip, di parlare del nulla in quanto la Ciociaria- secondo lui- sarebbe una invenzione di Mussolini, abbiamo ricevuto quanto cercavamo. Il Prof. Michele Santulli, studioso ed esperto di civiltà, cultura e storia della Ciociaria, ci ha inviato una nota, che non vuole essere esaustiva e conclusiva, ma che ci offre un contributo molto interessante, che sottolinea alcuni spunti giusti dati dallo stesso Santarelli ma, soprattutto, risponde in generale ai tanti che parlano della Ciociaria senza sapere di cosa si tratti realmente. Vuole essere un contributo per chiudere o a mettere una sorta di parola fine sulla polemica e, al contrario, per aprire a eventuali dibattiti, anche pubblici.
A voi la nota…è un po’ corposa per un giornale online, ma fin troppo scarna, al contrario, per esprimere tutto quanto il concetto di Ciociaria racchiude in se. Un po’ di pazienza ma ne vale proprio la pena…

saltulli-micheleE’ invalso infatti  il costume, -o la moda, non si capisce bene-  almeno in certi ambienti di Cassino, non solo di ignorare la suddetta, ripeto,  senz’altro elementare realtà quanto di intraprendere ad operare perfino una distinzione tra Ciociaria e Terra di Lavoro, commettendo dunque una duplice sciocchezza : prima di tutto ritenere che  “Ciociaria”  sia un concetto  territoriale o perfino geografico con tutto quello che tale fatto comporterebbe e, secondo nonsenso, continuare a parlare di Terra di Lavoro come se fosse  amministrativamente o politicamente o geograficamente connotabile, ignorando che Terra di Lavoro semplicemente non esiste o per lo meno esiste a livello di nostalgia, come la Dacia o la Cirenaica o Littoria, o Rodesia, ecc. Ripescare poi concetti che appartengono ormai alla storia quali  ‘borbonico’  o  ‘papalino’  e pretendere perfino di attualizzarli, fa precipitare il contesto nel ridicolo e quindi indegno di prenderne coscienza. Senza menzionare il particolare, come ci ricorda sempre il libro  “CIOCIARIA SCONOSCIUTA” che nell’800  -e non solo allora-  Terra di Lavoro nella sua parte settentrionale, in particolare la Valcomino, era così ben individuata nella sua identità che veniva chiamata  normalmente  ‘Abruzzi’ ! E ancora oggi tale retaggio è duro a morire poiché ogni qualvolta  ci si riferisce a qualcuna delle località della zona, e non solo la Valcomino, ma anche Arpino, Sora ecc . specie gli stranieri continuano a parlare di Abruzzi. 

“Ciociaria” dunque veniva definito, scientificamente già dal 1850-60 dal Gregorovius, il territorio dove si indossava il costume ciociaro e si calzava un certo tipo di calzatura. E che i ciociari fossero alti o bassi, bruni o biondi, che parlassero italiano o turco, mangiassero polenta o maccheroni, fossero papalini o borbonici, non interessava minimamente ai fini di detta configurazione solo folklorica. 

Anche la Ciociaria è oggi un termine ideale come Terra di Lavoro: chi indossa più lo straordinario costume, le magnifiche cioce ? ma, e qui è l’aspetto storico e corretto, tra i due non vi è alcun rapporto poiché  “essere ciociaro”  è come  dire  “mangiare la polenta”  o  “bere la tequila”  cioè indica una realtà folklorica che è valida solo in questo senso e per una certa zona e che può trovarsi dovunque : è perciò poco sensato mescolare realtà folkloriche e realtà politiche e perfino amministrative. Ora le cioce documentariamente e storicamente si indossavano in Terra di Lavoro Settentrionale, a Roma e nel territorio a Sud dell’Urbe vale a dire nel territorio folkloricamente detto  Ciociaria storica. In merito si tenga a mente che un conto sono le cioce e un conto gli zampitti o del genere: le prime sono state documentate da migliaia di opere d’arte e circoscritte folkloricamente già nella metà del 1800 dal più citato Gregorovius: sono le cioce classiche, quelle abituali che si incontrano soprattutto nella pittura europea,   mentre gli zampitti sono ben altro e sono tra l’altro quelle calzature che effettivamente ancora oggi si indossano in certe località e paesi, come pure si indossavano sin dall’inizio della presenza dell’uomo sulla terra, quando non voleva camminare   a piedi scalzi: è facile confondere: le cioce dunque sono una evoluzione dagli zampitti o altro, sono nate a Roma tra la umanità ciociara ivi immigrata già fine 1700 e inizi 1800 e gli artisti stranieri: quindi unica e irripetibile! 

Poco importa se si parlava napoletano o romano o fondano e se i figli di papà andavano all’università a Roma o a Napoli o a Milano e se i mezzi agricoli erano più romani o più napoletani : assieme a mille altri, sono tutti aspetti ed elementi che non riguardano l’idea di Ciociaria che, ripeto, è un concetto squisitamente folklorico individuato e localizzato in generale dal medesimo costume e dal medesimo calzare. L’unica questione, semmai, è l’individuazione territoriale generale dove appunto si calzavano le cioce, quelle classiche si intende ! E tale territorio, come già evidenziato, è da intendersi quello racchiuso tra gli Appennini e i Simbruini  e il percorso della via Appia da Velletri fino ad Itri e dai castelli Romani fino al Garigliano. E, in aggiunta, nella dottrina del folklore è ormai una convinzione acquisita che l’abito è uno degli elementi più qualificanti e probanti nella connotazione e individuazione di un certo territorio. E questa parte settentrionale di Terra di Lavoro   -Cassinate, Fondano, Sorano-  politicamente ed amministrativamente  Regno di Napoli, folkloricamente  era fin troppo elementarmente ciociara: sostenere ancora la leggerezza che facesse adombrare il contrario o qualcosa di diverso, abbiamo di fronte  un seminatore di fumo o un disinformato.uesto senso e che q Se si ha voglia e piacere di studiare ed approfondire allora si renderebbe  veramente un servigio alla società e alla cultura  se si iniziasse a verificare se per Terra di Lavoro settentrionale il concetto  “ciociarità”  non implichi anche una realtà più ampia di quella solo folklorica. Nel libro “CIOCIARIA SCONOSCIUTA”  tale tentativo è stato fatto, lasciando aperte molte stimolanti ipotesi e possibilità. E’ solo questione di ricerca e di studio. orgoglio-ciociaro-810x1140

Il ciociaro può essere romano o napoletano o, secondo alcuni, anche abruzzese, veniva individuato anche come campagnolo (Campagna romana) o come regnicolo (Regno di Napoli), come papalino (Stato della Chiesa) o borbonico (regno di Napoli): il ciociaro può parlare romano o napoletano o anche cinese e turco, può mangiare la pizza o i carciofi alla giudea, può vivere a Roma o a Napoli o a Parigi e anche a Pechino, ma sarà sempre ciociaro finché, però, veste in un certo modo e indossa certe calzature. Ci siamo: l’abito!  E’ l’abito che fa il ciociaro!

E per tornare all’inizio e cioè la questione borbone-ciociaro, il fatto incredibile e perfino paradossale  -naturalmente per certi nostalgici ostinati-  è che la matrice sia del costume ciociaro e sia del personaggio ciociaro  -che poi sono solo quelli che hanno dato il nome alla regione- si trova proprio nell’Alta Terra di Lavoro! Ed esattamente in Valcomino, dove tutto è nato e principiato. Cioè il costume ciociaro celebre in tutto il mondo -salvo che in Ciociaria va detto e quindi anche in quella che era Terra di Lavoro!- è nato ed è originario dell’Alta Terra di Lavoro! Chi ne vuol conoscere di più raccomando la lettura di un libretto intitolato appunto ‘IL COSTUME CIOCIARO NELL’ARTE EUROPEA DEL 1800-1900”. Cioè il costume ciociaro non solo è nato in Terra di Lavoro Settentrionale, ma Cassino ne è perfino la porta di ingresso. Quindi una collocazione cerniera e cardine: la porta del Sud della Ciociaria storica!

Quindi il concetto ‘Ciociaria’ è un concetto solo folklorico e non amministrativo o geografico o politico o altro, volerci riconoscere significati differenti è errore e distorsione perfino banali. Essa comprende  come detto più sopra,  l’ampia regione a sud di Roma dopo i Castelli fino al Garigliano avente per confine occidentale gli Appennini e i Simbruini e per orientale la antica Via Appia, è il territorio dunque che poi in epoche recenti è stato smembrato tra tre province: FR LT e Roma:  Frosinone effettivamente ne rappresenta la parte più estesa e, a mio avviso, immeritatamente in quanto ignara ancora oggi di quello che ne è il vero significato e valenza. E quindi questa gloriosa Terra nota da sempre in tutto il mondo per il suo smagliante costume -ma non solo- come nessun’altra regione storica italiana o di altra nazione, purtroppo non esiste più perché non esiste più il costume ciociaro. Come non esiste più la Terra di Lavoro, come la Dacia o la Cirenaica o Littoria, o Rodesia, ecc. esiste solamente la nostalgia, il rimpianto….

E perciò quei commenti di sufficienza e di malcelata sopportazione che non di  rado percepisci in giro in certi contesti e ambienti di Cassino, di Sora, di Arpino e anche altrove ogni volta che si parla della ‘ciociarità’  di questi luoghi e della immotivata e infondata ritrosia di detti benpensanti a riconoscere che essere nostalgico borbonico e di Terra di Lavoro non inficia minimamente l’essere ‘ciociaro’, detti commenti sono in verità anche un po’ risibili e ridicoli: Ciociaria e Terra di Lavoro sono entrambi ormai concetti spirituali e, fondamentale, sono sinonimi, sono -per ripetere la famosa espressione di Moro- convergenze parallele anche se nel nostro caso, non parallele, solo convergenti. Il caso vuole che questo termine ‘ciociarità’ fu coniato proprio da quell’incommensurabile Anton Giulio Bragaglia che in verità tanti anni fa ebbe una gustosissima e lunga diatriba epistolare e giornalistica con quell’altro grande ciociaro che fu Tommaso Landolfi di Pico che, pure lui, escludeva che essere borbonico potesse equivalere anche ad essere ciociaro, anche lui, il grande scrittore e gloria della Ciociaria, ignorando il significato solo folklorico del termine”.

 

Michele Santulli

 

 

Per chi volesse approfondire:

  1. a) “Modelle e modelli ciociari nell’arte europea a Roma, Parigi e Londra nel 1800-1900”;
  2. b) “Ciociaria Sconosciuta. Costume – Pittura del 1800 – Notizie Storiche – Civiltà”;
  3. c) “Il costume ciociaro nell’arte europea del 1800”;
  4. d) “ORGOGLIO CIOCIARO/Ciociaria pride”.

 

 

Andrea Tagliaferri

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